A PIETRO MASCAGNI
ribelle, che in mezzo a ‘l volgo vil passi sdegnosa,
e, indomita e sprezzante,
avventi bieca agli arlecchini in faccia
lo stral de la minaccia:
– o dolce, o cara Musa,
ch’odii d’ogni venale anima imbelle
l’ibrida ipocrisia,
e le glorie dei Cesari deridi,
e frusti a sangue i despoti e i potenti,
mentre in torno al tuo labaro fiammante
triti accogli del mondo i sofferenti –
o bionda Dea, la voce
del tuo poeta ascolta
che ti chiama e t’invoca un’altra volta.
come di Sanzio fulgida Madonna,
Tu Venere somigli Anadiomène
da l’onde azzurre de l’Oceano uscita.
O mia gentil compagna, unico bene
ed unica speranza
di quest’anima affranta,
che lenisci il dolor de la mia vita,
e m’inciti a pugnar, baldo e securo,
le supreme battaglie
de l’Arte e de l’Amor, che un nodo stringe
tenace e imperituro;
o Musa mia ribelle,
detta tu un canto a ‘l mio dolente core,
e inchinati a Colui che il novo mondo
oggi saluta unanime, siccome
Roma vetusta e antica
salutava gloriosi i trionfatori.
dei che l’uman pensiero ebbro ha creati,
tu, indifferente e fiera,
non piegasti già mai la fronte altera;
ma, dinanzi a l’Artefice possente,
che dentro il cor profondo
ha di arcane armonie viva sorgente,
– china il tuo capo biondo,
o mia tenera amica,
e – Salve! Salve! – il labro tuo gli dica.
per la sua bella, fronte imperiosa,
su cui perenne brilla
del genio la fatidica scintilla.
Giuliva, al gaudio nostro,
sorriderà d’amor la bella sposa
che come stella gli risplende a canto,
e col suo riso e le sue grazie allieta
la vita sua che pur conobbe un giorno
la realtà del disinganno e il pianto.
Salve! Si canti osanna,
si canti osanna al grande
Artefice dei suoni! – Egli, Signore
de l’universa Musica, s’è assiso
tra le ombre venerande
di Verdi e di Rossini –
e su ‘l trono che i Numi hanno innalzato
al divo Creator di tante arcane
melodie sovrumane,
la stessa cetra Ei suona
che un di suono l’angelico Bellini,
e la terra è mutata in Paradiso.
il cor del Grande accende, e, vivo, edace,
d’immenso ardor lo infiamma.
Non è il cuor d’un mortale,
ma il cuor d’un Dio quel cuore,
votato eternamente
de l’Arte al sacro Ideale.
Quel cuore è onniveggente,
ma a noi non sarà dato
di conoscer già mai
la forza che in sè chiude e la sublime
poesia che lo circonda.
(O beata, o felice
del Sommo la gentile Inspiratrice,
che di quel cuor le chiavi
può conservar gelosa:
beata la sua Musa e la sua Sposa!)
il fulmine ghiacciò:[33] figli del Forte
che de la schiavitù scosse il temuto
giogo, e, sfidando impavido la morte,
pugnò come titano;[34] Egli è venuto
in mezzo a voi, l’Eletto, il Vittorioso!
Dategli lauri e rose,
dategli suoni e canti,
e ne la Storia vostra anche sia scritto
che l’italico genio è sempre invitto,
e vindice qual nacque
risplende sempre e splenderà in eterno.
del gretto volgo. Ormai
Tu sei sacro a la Gloria, e dov’è culto
per l’Arte, troni e altari,
e fiori e canti avrai.
Altero e noncurante,
fra la turba pettegola e ignorante
cammina del pigmei,[35] Chi l’Arte adora
si prostrerà al tuo gonio e dira: Salve!
Salve! – anche noi diciamo –
Salve! si canti osanna,
si canti osanna al Grande; e un grido solo
sgorghi dal nostro petto, e sia portato
del Mar Tirreno e del Mar Jonio in riva,
là ne la bella Italia onor de l’orbe:
– Viva Mascagni! Evviva!
32 Questi versi furono letti il giorno 12 ottobre 1902 all’Hotel Savoy di New York, al banchetto dato in onore di Pietro Mascagni, sotto gli auspicii della Società Musicale omonima. Furono scritti lo stesso giorno per invito del Comitato promotore della festa. ↩
33 Si allude a Beniamino Franklin, lo scienziato americano che come disse Turgot “strappò il fulrmine al cielo e lo scettro ai tiranni”. ↩
34 Giorgio Washington. ↩
35 Sono note le peripezie che attraversò Mascagni, ante il suo breve soggiorno in America. L’impresario che lo aveva scritturato in Italia glie ne fece di tutti i colori. Fu perfino arrestato sotto l’accusa di esser venuto meno al contratto e dovette anche subire un processo, che gli procurò un mondo di noie e di gratta capi. ↩