ODE DOMESTICA
Home, sweet home!
Quando, stanco dal lungo aspro lavor del giorno,
ne la romita e tàcita casetta mia ritorno,
l’anima mia dolente, su cui, come bufera
passò d’un bièco fato l’ala sinistra e nera,
s’apre a la gioia, esulta, freme di contentezza,
e le noie dimentico del mondo, la tristezza
de la vita. – Ogni cosa bella al mio sguardo appare,
e del mio triste core le illusioni amare
vaniscono come ombre dal sol disperse. Lieta
e d’amor sorridente, saluta il suo poeta
Lucia dagli occhi neri, pallida sempre e stanca,
esile come un giglio, come una statua bianca.
Lunge dal volgo zotico, dal vil volgo mendace,
ecco ch’io trovo alfine la desiata pace.
E il labbro mio che mai sorride, ecco al sorriso
al schiude, e di letizia mi s’illumina il viso.
Pronta è la parca mensa. Con me Lucia s’asside,
e mi guarda, mi parla, mi bacia e mi sorride.
Fumano le squisite vivande che con rara
maestria, durante il giorno, ella per me prepara.
Dentro i tersi bicchieri il roseo vino brilla
a la luce del lume, e il canarino trilla
dolci armonie, giocondofi co’ebbi un tempo il cuore
che or lentamente struggesi come avvizzisce un fiore.
Al cinguettio suadente del gaio augel risponde
Lucia, talvolta e lieta la musica si effonde
d’ambedue per la bella mia piccola casetta,
dove non giunge il rauco vocio di gente abbietta,
la stridula minaccia, la bestemmia volgare
de la folla che si agita come un immenso mare
di fango e di putredine. Canto, talvolta, anch’io,
ma tristi sono e lugubri i canti del cuor mio....
E li scrivo piangendo i canti del mio cuore,
mentre Lucia mi dice: – Non scoraggiarti, o amore!
Vedi, sei tantogiovane. No, non morrai! Ti voglio
tanto bene! Car'anima! Mio solo unico orgoglio!
A l’alba ella mi desta, suonando il mandolino,
e di ritmi, di trilli per la casa è un festino,
una ridda di note dolci, che dal mio cuore
ogni tristezza fugano, ogni antico dolore.
E la notte, distesa ella sul bianco letto,
si addormenta, stringendosi i versi miei sul petto,
ed io la guardo, lieto ch’ella contenta sia
di tant’angusta pace, di tanta poesia;
e, mentre scrivo, Dante da la parete, guarda
la mia fronte pensosa, e l’Arte maliarda,
che è gioia, è vita, è spasimo de la mia giovinezza,
risplende a me d’accanto di fulgida bellezza,
sorridendo ai miei sogni di poeta, a l’amore
nostro, che al ciel si aderge, come divino fiore.
ne la romita e tàcita casetta mia ritorno,
l’anima mia dolente, su cui, come bufera
passò d’un bièco fato l’ala sinistra e nera,
s’apre a la gioia, esulta, freme di contentezza,
e le noie dimentico del mondo, la tristezza
de la vita. – Ogni cosa bella al mio sguardo appare,
e del mio triste core le illusioni amare
vaniscono come ombre dal sol disperse. Lieta
e d’amor sorridente, saluta il suo poeta
Lucia dagli occhi neri, pallida sempre e stanca,
esile come un giglio, come una statua bianca.
Lunge dal volgo zotico, dal vil volgo mendace,
ecco ch’io trovo alfine la desiata pace.
E il labbro mio che mai sorride, ecco al sorriso
al schiude, e di letizia mi s’illumina il viso.
Pronta è la parca mensa. Con me Lucia s’asside,
e mi guarda, mi parla, mi bacia e mi sorride.
Fumano le squisite vivande che con rara
maestria, durante il giorno, ella per me prepara.
Dentro i tersi bicchieri il roseo vino brilla
a la luce del lume, e il canarino trilla
dolci armonie, giocondofi co’ebbi un tempo il cuore
che or lentamente struggesi come avvizzisce un fiore.
Al cinguettio suadente del gaio augel risponde
Lucia, talvolta e lieta la musica si effonde
d’ambedue per la bella mia piccola casetta,
dove non giunge il rauco vocio di gente abbietta,
la stridula minaccia, la bestemmia volgare
de la folla che si agita come un immenso mare
di fango e di putredine. Canto, talvolta, anch’io,
ma tristi sono e lugubri i canti del cuor mio....
E li scrivo piangendo i canti del mio cuore,
mentre Lucia mi dice: – Non scoraggiarti, o amore!
Vedi, sei tantogiovane. No, non morrai! Ti voglio
tanto bene! Car'anima! Mio solo unico orgoglio!
A l’alba ella mi desta, suonando il mandolino,
e di ritmi, di trilli per la casa è un festino,
una ridda di note dolci, che dal mio cuore
ogni tristezza fugano, ogni antico dolore.
E la notte, distesa ella sul bianco letto,
si addormenta, stringendosi i versi miei sul petto,
ed io la guardo, lieto ch’ella contenta sia
di tant’angusta pace, di tanta poesia;
e, mentre scrivo, Dante da la parete, guarda
la mia fronte pensosa, e l’Arte maliarda,
che è gioia, è vita, è spasimo de la mia giovinezza,
risplende a me d’accanto di fulgida bellezza,
sorridendo ai miei sogni di poeta, a l’amore
nostro, che al ciel si aderge, come divino fiore.
Riccardo Cordiferro