LA RISPOSTA
Che della verità strame vi fate,
Ogni giorno che splende ha il suo domani!
A rivederci, maschere pagate,
A rivederci, illustri mangiapani,
A rivederci sulle barricate!
e un despota assassino,
un ministro vigliacco e depravato,
e un re stolto e certino;
vile, irrido e perverso,
col marchio incancellabile e rovente
bollai del rude Verso;
ch’io sono un mentitore,
e m’han dato l’epiteto di abbietto
e infame insulatore![29]
con impeto feroce,
la canaglia monarchica esaltata,
gridandomi la croce.
un’altra volta accanto:
a l’altero tuo vate insofferente,
detta ribelle un canto.
sia monito perenne
e sia come uno schiaffo in faccia ai vili,
terribile e solenne!
sabaudi paladini,
dicano intanto ch’io sono un somaro,
e faccian gli arlecchini.
di gloria imperitura,
e insultino chi sferza a suo talento
la postuma impostura.
proseguo il mio cammino;
nè mi curo del volgo neghittoso
e del fatal destino.
lieto e superbo sfido.
Mi consegnin magari in mano al boja,
io rido, io rido, io rido!
che vivete nel lezzo
e che sapete di essere codardi,
io passo e vi disprezzo.
e guazzate nel fango,
voi siete ladri o siete pagnottisti,
io passo e vi compiango.
che al mio ribelle grido,
vi metteste a latrar siccome cani,
io passo e di voi rido.
militi del lavoro,
quando vedo anche voi nel baccanale
dei Cresi avidi d’oro.
fremo d’ira, e di sdegno,
e l’invettiva allor non so frenare
contro il connubio indegno;
l’opera iniqua e stolta,
ahi me! senza saperlo, allontanate,
l’ora de la rivolta!
ed ai rejetti dici
che non è il nostro sogno un’Utopia,
che un dì sarem felici.
e non lottiamo in vano;
dì lor che il santo di de la vendetta
no, non sarà lontano!
tregua mai non avremo.
I deboli, gl’ignavi e gl’indigenti,
noi li riscatteremo.
ad apportar la pace.
In tutti gli antri, in tutti gli abituri,
scendi con la tua face.
di tutti i sofferenti,
e scaglia il canto mio, bieca e sdegnosa,
sul volto ai prepotenti.
sia monito perenne,
e sia come uno schiaffo in faccia ai vili
terribile e solenne!
29 La poesia scritta in morte di Francesco Crispi suscitò, fra gli italiani di New York, le tre di tutti i cosiddetti ben pensanti. E questo era da prevedere. Io avevo osato offendere un illustre morte, e i patriotardi d’occasione, gli eterni glorificatori del nome e della gloria d’Italia, avevano bene il dritto di sorprendersi e di risentirsi della mia audacia. Si gridò al sacrilegio da tutte le parti, si parlò di convocare un meeting di protesta contro di me, mi furono mandate dozzine di lettere anonime piene zeppe di contumelie. Naturalmente, anche la stampa italo-americana insolentì contro di me. Così fu che scrissi questa “Risposta” la quale, con grande soddisfazione dell’animo mio, indignò maggiormente i signori patriotardi. Io, sapendo di non aver mentito, convinto di essere stato coerente coi miei principii, mi confortai al pensiero che, vivi e morti, dinanzi alla Storia, debbono essere giudicati alla stregua della verità e della giustizia. E della poesia scritta in morte di Crispi, nonché della “Risposta” non mi pento neppur oggi, che son passati otto anni. ↩
30 Sono tre giornalisti sfegatati patriottardi, che per la poesia in morte di Francesco Crispi e per la “Risposta” non mi risparmiarono le ingiurie più triviali, che possa in un impeto di monarchico sdegno, scrivere una penna devota ai principii dell’ordine costituito e della morale borghese. Il primo e il terzo della triade inquinano tuttora il giornalismo italiano di America; il secondo, dopo aver venduto la penna e la coscienza a chi meglio pagava; da giornalista si tramutò in banchiere, e, tanto per non perdere la vecchia abitudine d’ingarbugliare il prossimo, un bel giorno scomparve, insalutato ospite, involando i risparmi di centinaia di lavoratori che avevano riposto in lui tanta fiducia da affidargli il frutto delle loro fatiche. ↩