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Selections from the <em>Canzoniere</em>: RVF 360

Selections from the Canzoniere
RVF 360
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  1. About
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  3. RVF 2
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  5. RVF 4
  6. RVF 5
  7. RVF 6
  8. RVF 10
  9. RVF 12
  10. RVF 22
  11. RVF 23
  12. RVF 24
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  16. RVF 34
  17. RVF 35
  18. RVF 40
  19. RVF 51
  20. RVF 52
  21. RVF 60
  22. RVF 61
  23. RVF 70
  24. RVF 77
  25. RVF 78
  26. RVF 90
  27. RVF 114
  28. RVF 126
  29. RVF 127
  30. RVF 128
  31. RVF 129
  32. RVF 134
  33. RVF 136
  34. RVF 137
  35. RVF 138
  36. RVF 142
  37. RVF 150
  38. RVF 152
  39. RVF 164
  40. RVF 173
  41. RVF 195
  42. RVF 196
  43. RVF 197
  44. RVF 211
  45. RVF 228
  46. RVF 234
  47. RVF 246
  48. RVF 247
  49. RVF 248
  50. RVF 263
  51. RVF 264
  52. RVF 266
  53. RVF 267
  54. RVF 269
  55. RVF 270
  56. RVF 271
  57. RVF 273
  58. RVF 292
  59. RVF 299
  60. RVF 302
  61. RVF 311
  62. RVF 316
  63. RVF 323
  64. RVF 332
  65. RVF 333
  66. RVF 336
  67. RVF 337
  68. RVF 346
  69. RVF 355
  70. RVF 359
  71. RVF 360
  72. RVF 363
  73. RVF 365
  74. RVF 366

Quel’antiquo mio dolce empio signore

fatto citar dinanzi a la reina

che la parte divina

tien di natura nostra e ’n cima sede,

ivi, com’oro che nel foco affina,                        5

mi rappresento cerco di dolore,

di paura et d’orrore,

quasi huom che teme morte et ragion chiede;

e ’ncomincio: - Madonna, il manco piede

giovenetto pos’io nel costui regno,                10

ond’altro ch’ira et sdegno

non ebbi mai; et tanti et sí diversi

tormenti ivi soffersi,

ch’alfine vinta fu quell’infinita

mia patïentia, e ’n odio ebbi la vita.                15

Cosí ’l mio tempo infin qui trapassato

è in fiamma e ’n pene: et quante utili honeste

vie sprezzai, quante feste,

per servir questo lusinghier crudele!

Et qual ingegno à sí parole preste,                20

che stringer possa ’l mio infelice stato,

et le mie d’esto ingrato

tanto et sí gravi e sí giuste querele?

O poco mèl, molto aloè con fele!

In quanto amaro à la mia vita avezza                25

con sua falsa dolcezza,

la qual m’atrasse a l’amorosa schiera!

Che s’i’ non m’inganno, era

disposto a sollevarmi alto da terra:

e’ mi tolse di pace et pose in guerra.                30

Questi m’à fatto men amare Dio

ch’i’ non deveva, et men curar me stesso:

per una donna ò messo

egualmente in non cale ogni pensero.

Di ciò m’è stato consiglier sol esso,                35

sempr’aguzzando il giovenil desio

a l’empia cote, ond’io

sperai riposo al suo giogo aspro et fero.

Misero, a che quel chiaro ingegno altero,

et l’altre doti a me date dal cielo?                40

ché vo cangiando ’l pelo,

né cangiar posso l’ostinata voglia:

cosí in tutto mi spoglia

di libertà questo crudel ch’i’ accuso,

ch’amaro viver m’à vòlto in dolce uso.                45

Cercar m’à fatto deserti paesi,

fiere et ladri rapaci, hispidi dumi,

dure genti et costumi,

et ogni error che’ pellegrini intrica,

monti, valli, paludi et mari et fiumi,                50

mille lacciuoli in ogni parte tesi;

e ’l verno in strani mesi,

con pericol presente et con fatica:

né costui né quell’altra mia nemica

ch’i’ fuggía, mi lasciavan sol un punto;                55

onde, s’i’ non son giunto

anzi tempo da morte acerba et dura,

pietà celeste à cura

di mia salute non questo tiranno

che del mio duol si pasce, et del mio danno.        60

Poi che suo fui non ebbi hora tranquilla,

né spero aver, et le mie notti il sonno

sbandiro, et piú non ponno

per herbe o per incanti a sé ritrarlo.

Per inganni et per forza è fatto donno                65

sovra miei spirti; et no sonò poi squilla,

ov’io sia, in qualche villa,

ch’i’ non l’udisse. Ei sa che ’l vero parlo:

ché legno vecchio mai non róse tarlo

come questi ’l mio core, in che s’annida,        70

et di morte lo sfida.

Quinci nascon le lagrime e i martiri,

le parole e i sospiri,

di ch’io mi vo stancando, et forse altrui.

Giudica tu, che me conosci et lui. -                75

Il mio adversario con agre rampogne

comincia: - O donna, intendi l’altra parte,

ché ’l vero, onde si parte

quest’ingrato, dirà senza defecto.

Questi in sua prima età fu dato a l’arte                80

da vender parolette, anzi menzogne;

né par che si vergogne,

tolto da quella noia al mio dilecto,

lamentarsi di me, che puro et netto,

contra ’l desio, che spesso il suo mal vòle,        85

lui tenni, ond’or si dole,

in dolce vita, ch’ei miseria chiama:

salito in qualche fama

solo per me, che ’l suo intellecto alzai

ov’alzato per sé non fôra mai.                        90

Ei sa che ’l grande Atride et l’alto Achille,

et Hanibàl al terren vostro amaro,

et di tutti il piú chiaro

un altro et di vertute et di fortuna,

com’a ciascun le sue stelle ordinaro,                95

lasciai cader in vil amor d’ancille:

et a costui di mille

donne electe, excellenti, n’elessi una,

qual non si vedrà mai sotto la luna,

benché Lucretia ritornasse a Roma;                100

et sí dolce ydïoma

le diedi, et un cantar tanto soave,

che penser basso o grave

non poté mai durar dinanzi a lei.

Questi fur con costui li ’nganni mei.                105

Questo fu il fel, questi li sdegni et l’ire,

piú dolci assai che di null’altra il tutto.

Di bon seme mal frutto

mieto; et tal merito à chi ’ngrato serve.

Sí l’avea sotto l’ali mie condutto,                110

ch’a donne et cavalier piacea il suo dire;

et sí alto salire

i’’l feci, che tra’ caldi ingegni ferve

il suo nome et de’ suoi detti conserve

si fanno con diletto in alcun loco;                115

ch’or saria forse un roco

mormorador di corti, un huom del vulgo:

i’ l’exalto et divulgo,

per quel ch’elli ’mparò ne la mia scola,

et da colei che fu nel mondo sola.                120

Et per dir a l’extremo il gran servigio,

da mille acti inhonesti l’ò ritratto,

ché mai per alcun pacto

a lui piacer non poteo cosa vile:

giovene schivo et vergognoso in acto                125

et in penser, poi che fatto era huom ligio

di lei ch’alto vestigio

li ’mpresse al core, et fecel suo simíle.

Quanto à del pellegrino et del gentile,

da lei tene, et da me, di cui si biasma.                130

Mai nocturno fantasma

d’error non fu sí pien com’ei vèr’ noi:

ch’è in gratia, da poi

che ne conobbe, a Dio et a la gente.

Di ciò il superbo si lamenta et pente.                135

Ancor, et questo è quel che tutto avanza,

da volar sopra ’l ciel li avea dat’ali

per le cose mortali,

che son scala al fattor, chi ben l’estima;

ché mirando ei ben fiso quante et quali                140

eran vertuti in quella sua speranza,

d’una in altra sembianza

potea levarsi a l’alta cagion prima;

et ei l’à detto alcuna volta in rima,

or m’à posto in oblio con quella donna                145

ch’i’ li die’ per colonna

de la sua frale vita. - A questo un strido

lagrimoso alzo et grido:

- Ben me la die’, ma tosto la ritolse. -

Responde: - Io no, ma Chi per sé la volse. -        150

Alfin ambo conversi al giusto seggio,

i’ con tremanti, ei con voci alte et crude,

ciascun per sé conchiude:

- Nobile donna, tua sententia attendo. -

Ella allor sorridendo:                                155

- Piacemi aver vostre questioni udite,

ma piú tempo bisogna a tanta lite. -

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